Il Karate nasce, secondo la storia più accreditata, in una piccola lingua di isole che collegano le isole maggiori del Giappone meridionale alla famosa isola sotto le coste cinesi di nome Taiwan. I giapponesi indicano queste isole col nome di Isole Ryukyu. La più grande ed importante di esse è l’isola di Okinawa.
Si ritiene che i primi abitanti di Okinawa non provenissero solo dalla Cina, ma anche dalle isole settentrionali del Giappone e dall’Asia meridionale. D’altra parte studi archeologici dimostrano che la penetrazione di culture diverse da quella cinese siano continuate sino al 300 A.C.
Nel periodo in cui le Arti Marziali cominciavano a svilupparsi il popolo di Okinawa viveva in modo molto semplice sostenuto da una forma di agricoltura rozza, dalla pesca ed dallo sfruttamento delle conchiglie marine per l’artigianato e come monete di scambio.
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Tuttavia, le continue invasioni militari da parte del Giappone che durarono dal sesto al nono secolo D.C. stimolarono per cause di forza maggiore, il popolo nativo ad organizzarsi in gruppi di villaggi comandati da singoli capi. Si crearono così, verso il 1340, tre regni rivali ed Okinawa si ritrovò disunita. Dieci anni più tardi, il più grande di questi regni iniziò relazioni politiche ed amministrative con la Cina, relazioni che furono ufficializzate nel 1372 dallo stesso Imperatore cinese. Attraverso questa alleanza, gli abitanti di Okinawa, come del resto tutti i popoli vicini alla Cina, tranne i Giapponesi, mandavano delegazioni con regolari cadenze annuali verso la patria madre con tributi ed onori per l’Imperatore. Alcuni nobili appartenenti a tali delegazioni avevano diritto a proseguire il loro cammino dalla costa fino alla corte imperiale. Alcuni giovani principi si iscrissero alle scuole create per studenti stranieri a Pechino , dove poterono apprendere la cultura, l’arte e le scienze cinesi. In tal modo molti abitanti di Okinawa divennero ospiti abituali della Capitale e della vita di corte in Cina, imparandone le tradizioni. Nel 1429, dopo alcune guerre intestine di poco conto, Okinawa fu unita sotto un unico regno e nacque la sua prima dinastia (Sho). Fu questa la premessa del periodo d’oro della storia di Okinawa. Sorsero attività commerciali e si creò una rete di vie commerciali che si estese non solo verso il Giappone e la Cina, ma fino all’Indocina, la Tailandia, la Malesia, l’Indonesia, il Borneo e la Filippine. Okinawa divenne la Venezia d’Oriente, un grande nodo per la distribuzione di legname pregiato, spezie, incensi, corna di animali, avorio , stagno e zucchero provenienti dall’Asia meridionale. Questi prodotti venivano scambiati con ceramiche d’arte, prodotti tessili, erbe medicinali e metalli preziosi dal Giappone, Korea e Cina.
I marinai ed i commercianti di Okinawa visitarono dunque non soltanto la Cina ed il Giappone, ma tutti i porti dell’Asia orientale, fattore che ebbe influenze estremamente importanti per lo sviluppo delle arti marziali e per la loro storia.
Il Divieto dell’uso di armi
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Un altro fatto di assoluto rilievo storico in questo periodo fu la caduta della dinastia Sho, verso il 1470, che creò un periodo di turbolenza politica e caos che finì solamente con l’avvento della nuova dinastia, sempre Sho, nel 1477.
Il nuovo monarca, Sho Shin, dovette affrontare i nobili cavalieri della Guerra che erano saldamente protetti nei loro castelli lungo l’isola . Una delle prime norme introdotte dal monarca fu quella di bandire il trasporto d’arme da parte di chiunque, nobile o contadino. La seconda mossa del re fu quella di sequestrare tutte le armi del Paese e custodirle sotto sorveglianza continua nel proprio castello a Shuri. Infine ordinò a tutti i nobili, ora disarmati, di andare a vivere vicino a lui nella capitale del Paese.
E’ interessante notare come questa politica di disarmare e poi “spodestare” i nobili ribelli di Okinawa anticipa scelte analoghe fatte successivamente dal Giappone. Infatti stesse norme nacquero negli editti di spada di Toyotomi nel 1586 e negli ordini dello Shogun di Tokugawa dove tutti i Signori della Guerra dovettero raccogliersi attorno a lui nella Capitale nel 1634. E’ un fatto, tuttavia, che lo Shogun non obbligasse, nonostante la natura intricata delle relazioni tra Cina e Giappone, gli abitanti di Okinawa ad interrompere le loro relazioni tributarie con la Cina. Al contrario, lo Shogun forzava gli abitanti di Okinawa a mantenere una facciata di fedeltà assoluta verso i cinesi. Qualora fossero sopraggiunti diplomatici dalla terraferma, i sovrani giapponesi avrebbero nascosto se stessi e tutto ciò che potesse tradire la loro presenza sul territorio. I contatti indiretti con la Cina, di cui i Giapponesi avevano bisogno, venivano dunque mantenuti attraverso Okinawa, anche se di fatto il benessere economico e l’indipendenza politica dell’isola di Okinawa dipendevano dal Giappone. Siamo nel 1609.
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Resta comunque il fatto che dopo il 1609 i giapponesi mantennero le regole che impedivano il possesso e l’uso di armi e la nobiltà isolana continuò a rimanere segregata nella città di Shuri. I Samurai giapponesi, peraltro, potevano trasportare armi anche ad Okinawa. Tale divieto esteso solo agli abitanti nativi dell’isola restò valido anche durante i periodi successivi della storia del Paese. Napoleone, infatti, nel 1816, nell’udire che vi era un piccolo Paese di nome Okinawa dove il popolo girava disarmato esclamò: “Non riesco a capire come possa esistere un popolo disinteressato alla Guerra….”.
Oggi, ad Okinawa, i più grandi Maestri di Karate ritengono che il divieto per le armi posto dal loro primo Re fu atto di grande saggezza e non di oppressione.
L’Arte della Mano Vuota
Questa breve descrizione storica getta le basi per un dibattito sulla grande tradizione di Okinawa per il Te, l’arte marziale della mano, in cui il corpo umano si allena per trasformarsi in qualsiasi arma per l’autodifesa.
Karate, o Karate-do (l’arte di per sé), come lo conosciamo oggi, è un prodotto di sintesi tra l’antica arte Te del diciottesimo secolo, originaria di Okinawa, le antiche arti cinesi nate nel Tempio di Shaolin, ed altri stili praticati nel sud della Cina nella provincia del Fukien. Negli ultimi 70 anni, le Arti marziali giapponesi hanno molto influenzato il Karate come viene praticato in Giappone e poca di tale influenza è rientrata verso l’origine e cioè Okinawa.
Te è un’arte nata almeno 1000 anni fa. Gli abitanti di Okinawa di quel periodo non erano ricchi e vi erano poche armi disponibili. I territori non erano unificati e la coscienza di una forma di autodifesa si fece strada in modo prepotente e sarebbe stata poi la progenitrice di una forma di difesa personale indigena. Più tardi, tra quindicesimo e sedicesimo secolo, quando gli isolani iniziarono a viaggiare molto per il commercio, sicuramente incontrarono altri sistemi di combattimento nel Sud dell’Asia che avrebbero influenzato la loro arte locale. Alcune tecniche nel karate di oggi sembrano appartenere a quella zona del mondo dove sono nate arti antichissime per il combattimento. Tuttavia lo stile di Okinawa è unico e tutto ciò che provenisse da altre parti del mondo è stato sempre ritrasformato in modo da amalgamarsi ai principi di combattimento di Okinawa. Tra questi l’uso della mano (te) e del pugno.
La Divergenza tra Arti ad Okinawa
Quando il Re Sho Shin disarmò i nobili e li raccolse intorno a sé nella città di Scuri, si ritiene che sorsero 2 movimenti ad Okinawa. Da una parte i nobili, che unendosi, impararono e svilupparono l’arte del combattimento a mano nuda (te). D’altra parte, i contadini ed i pescatori iniziarono a sviluppare l’uso di armi che nascevano dal loro mondo del lavoro. Falci, falcetti, bastoni per la mietitura e la pulitura delle sementi, briglie per cavalli e persino remi da barca divennero ben presto armi letali.
Entrambe le nuove scuole, quella disarmata e quella armata, venivano praticate in massima segretezza e confinate nelle rispettive classi sociali.
Il Te veniva praticato dai nobili della corte reale ed il Ryukyu bujitsu (Arte con armi di Ryukyu) crebbe tra la gente comune. Anche nel ventesimo secolo, alcuni tra i maestri di karate più famosi, tra cui il più noto, Chotoku Kyan, erano e sono tuttora discendenti delle nobili famiglie della città di Shuri.
La prima manifestazione, tramandataci, di arti marziali cinesi ad Okinawa risale al 1761. Ci sono anche alcune storie biografiche di maestri del Te dell’epoca. Alcuni di questi maestri, compreso Chatan Yara hanno studiato in Cina, nella provincia di Fukien. Un grande maestro cinese, Kusanku passò 6 anni ad Okinawa.
Durante il diciannovesimo secolo quest’arte iniziò a prendere il nome di T’ang-te o “Mano Cinese”. Anche se l’arte veniva praticata in segretezza ed in luoghi lontani, di notte o alle prime luci dell’alba, nacquero 3 stili differenti nei 3 centri urbani vicini alla capitale.
Lo Shuri-te, arte sviluppata a Shuri, veniva praticata da Samurai della corte reale, mentre nella vicina Naha, porto di mare, ed a Tomari, nelle vicinanze di Shuri, la gente sviluppò loro stili di Te.
Le differenze stilistiche probabilmente derivano da differenti influenze tradizionali della Cina.
Vi sono fatti che suggeriscono la nascita dello Shuri-te dall’arte del tempio di Shaolin, mentre lo Naha-te incorpora tecniche più morbide, taoiste, che racchiudono molta attenzione verso la respirazione ed il controllo del Ki, la forza vitale, chiamato Chi in Cina. Il Tomari-te deriva da una fusione di entrambe gli stili precedenti.
E’ importante far notare come le città di Shuri, Naha e Tomari distino tra loro soltanto di pochi chilometri e che le differenze tra le loro arti di combattere fossero date da differenze di “enfasi” nelle varie pratiche più che di stile vero e proprio.
Sotto tali differenze superficiali, metodi e principi di tutto il karate di Okinawa sono assoggettati alla stessa Arte di combattimento.
Alla fine del diciannovesimo secolo nomi e stili cambiarono ancora nomi. L’arte di Shuri e Tomari presero un unico nome di Shorin-ryu, che significa “la scuola del pino flessuoso”. Naha-te divenne quel che ora si chiama Goju-ryu , “la scuola dura e morbida” sviluppata dal maestro Higaonna Kanryo.
Lo Shorin-ryu si divide a sua volta in altre scuole che hanno lievi differenze tra loro.
Il Goju-ryu è sempre rimasto stilisticamente unico. E’ nata anche una tradizione ad Okinawa ed in Giappone dove entrambe gli stili sono stati mescolati assieme ed insegnati come stile unico.
La più grande scuola che insegna questo metodo è la scuola giapponese Shito-ryu , portata avanti dal maestro Mabuni.
Per tradizione si suol dire che lo Shorin-ryu sia uno stile più leggero e veloce rispetto al Goju-ryu e che le posizioni siano generalmente più naturali. I kata delle due scuole sono leggermente diversi: nel Goju-ryu i movimenti di braccia e gambe sono più circolari e con posizioni più basse. Viene anche data grande enfasi alle tecniche di respirazione.
Nel 1935, un comitato formato da maestri di stili diversi si trovò per decidere un nome da dare alla loro Arte. La chiamarono KARATE , che significa mano vuota o arte della difesa senz’ armi . Alcuni maestri ritengono che l’aggiunta di -DO (la via ), andrebbe aggiunto al nome.
Oggi il Karate è fiorente ad Okinawa. La distruzione degli edifici antichi e degli archivi storici durante la Seconda Guerra Mondiale ed in particolare durante la battaglia di Okinawa combattuta tra Giappone ed Alleati nel 1945, ha portato a valorizzare ancor più, tra la gente, la cultura locale attraverso la musica, il folklore e le arti marziali.
Seguendo quella che è la storia pregressa, i maestri di karate ad Okinawa sono tra i dignitari di più alto onore ed i Dojo (palestre per le Arti) sono molteplici nelle aree urbane di Naha e Shuri. Non essendovi maestri che predominino con il loro stile di insegnamento vi è molto spirito di unione ed affiatamento tra le varie scuole dell’isola.
KARATE – Difesa Personale
Per GOSHIN JUTSU si intende l’insieme delle tecniche di autodifesa, mentre il GOSHIN – DO è il metodo di studio delle stesse.
Il Karate GOSHIN – DO, eredita i principi dell’arte marziale, è più aderente allo spirito del BUDO o Via del Guerriero, viene considerato KARATE tradizionale e viene spesso contrapposto al Karate moderno o sportivo e quindi più adatto alla pratica agonistica.
La parola stessa di “AUTODIFESA”, implica che vi sia un attacco o un’aggressione da cui sia necessario difendersi. Nella DIFESA PERSONALE, non esistono regole prestabilite, pertanto le tecniche di contrattacco non conoscono limiti o colpi proibiti, come avviene nel combattimento agonistico, poiché occorre mettere l’aggressore in condizione di non nuocere, nel modo più efficace possibile.
La Gioventù del Maestro Gichin Funakoshi
Gichin Funakoshi comincia a praticare il karate verso l’età di 12 anni sotto la direzione di Anko Asato, uno dei più brillanti discepoli di Sokon Matsumura. G. Funakoshi, compagno di classe del figlio maggiore di Anko Asato, va spesso a giocare da lui, ed è a poco a poco attratto dalla sua arte. Divenuto il discepolo appassionato di A. Asato, continuerà per tutta la vita ad approfondire il karate.
G. Funakoshi nasce a Okinawa nel 1868, primo anno dell’era Meiji, periodo in cui il Giappone passa dal feudalesimo all’era moderna. Egli appartiene a una famiglia di funzionari molto legata alla tradizione, malgrado una situazione economica spesso instabile. G. Funakoshi vuole dapprima studiare medicina ma, al momento di presentarsi a scuola, prende conoscenza della seguente regola: “Uno studente di medicina non deve portare la crocchia”. Nella società antecedente alle riforme, i capelli raccolti a crocchia testimoniavano il rango della famiglia e simboleggiavano materialmente la continuità con gli antenati. L’importanza che riveste in Giappone il culto degli antenati è particolarmente accentuata ad Okinawa, e G. Funakoshi, non potendo accettare una simile offesa, preferisce rinunciare alla medicina. Conserva la crocchia fino all’età di vent’anni, e, quando decide di tagliarsi i capelli, ciò provoca un conflitto familiare. Per tutta la vita resterà profondamente legato alla tradizione; così, molto più tardi, quando sua moglie, nel corso degli anni Venti, potrebbe raggiungerlo a Tokyo, dove egli si è stabilito, non potrà farlo, poiché in tal caso nessuno rimarrebbe a occuparsi della tomba degli avi. A 21 anni, G. Funakoshi diventa insegnante a tempo determinato in una scuola elementare della città di Naha, e continuerà a mantenere 1′incarico di educatore a Okinawa per oltre trent’anni. In seguito parte per Tokyo per presentare e diffondere nel centro del Giappone 1′arte della sua isola natale. Quando fonda la sua scuola di karate, 1′esperienza di educatore emerge nel suo rapporto con gli allievi, i quali lo rispetteranno tanto più in quanto, insieme al karate, egli insegna uno stile di vita.
I Maestri di Funakoshi
A partire dall’età di 12 anni, G. Funakoshi studia il karate sotto la direzione di A. Asato. L’allenamento in quel periodo si svolgeva di notte, al1′aperto, spesso in un giardino. G. Funakoshi scrive: “In quell’epoca mi sono allenato a un solo kata per molti mesi, e perfino per molti anni. Dovevo continuare, senza sapere per quanto tempo, fino a che il mio maestro dicesse “si”. E il maestro non diceva mai “si”. Per questo la durezza dell’allenamento è difficile da descrivere. Il Maestro Asato non mi toglieva mai gli occhi di dosso per tutto il tempo degli allenamenti nel suo giardino. Egli rimaneva nella veranda, seduto ben diritto sui talloni, senza cuscino. Era tuttavia già molto anziano… Quando terminavo un kata, mi diceva solo “bene”, “si”, o “ancora”, senza mai un complimento. Dovevo solo continuare a ripetere senza fine la stessa cosa, inzuppato di sudore. A fianco del maestro seduto era sempre appoggiata una lampada a petrolio il cui chiarore pareva affievolirsi, e talvolta mi accadeva di non percepirla più a causa della fatica. L’allenamento proseguiva fino all’alba”. Asato ha una grande reputazione come maestro dell’arte del te o to de.
G. Funakoshi è tuttavia il solo suo discepolo che si conosca. Questo è nella logica dell’esoterismo della trasmissione del karate prima del secolo XX. E’ all’inizio della sua carriera nell’insegnamento scolastico che G. Funakoshi fa la conoscenza di Anko Itosu, amico intimo di A. Asato e come lui discepolo di S. Matsumura. A. Itosu è anch’egli conosciuto come un grande maestro, ma a differenza di Asato, si interessa ai problemi dell’educazione nel sistema scolastico allora in via d’elaborazione. Seguendo il consiglio di A. Asato, G. Funakoshi sarà d’ora in avanti il discepolo di questi due maestri. Hanno entrambi lo stesso nome, all’incirca la stessa età, sono stati formati dallo stesso maestro, ma ciascuno ha la propria concezione del karate. Le loro idee differiscono tanto quanto le loro morfologie. A. Asato era di grande taglia, largo di spalle, con occhi penetranti. “Era come un antico guerriero”, scrive G. Funakoshi. A. Itosu non era alto, e il suo corpo era “come una botte”. Secondo l’insegnamento di Asato: “Bisogna considerare le mani e i piedi dell’avversario come una spada”, non bisogna dunque lasciarsi mai toccare. Secondo Itosu: “Se l’attacco dell’avversario non è efficace, si può ignorarne volontariamente l’effetto lasciandosi toccare”, quindi “anche rafforzare il corpo contro i colpi è importante”. Occorre sottolineare che, nell’antico stile di insegnamento del karate, non soltanto le tecniche, ma la concezione del combattimento potevano variare seguendo la morfologia e la personalità, e la trasmissione era estremamente personale e limitata. L’antico stile di trasmissione era esoterico, ma aveva al tempo stesso una grande flessibilità, che corrispondeva alla personalizzazione dell’arte. G. Funakoshi continua a proseguire la pratica del karate sotto la direzione di questi due maestri, parallelamente al proprio lavoro a scuola. Scorgendolo talvolta rincasare all’alba, i vicini credono che rientri dopo aver passato tutta la notte in un quartiere di piacere, ed egli non li disillude; anche questo mostra 1′aspetto di segretezza della pratica del karate.
L’insegnamento del karate a Tokyo
Nel 1921, il Principe imperiale, in viaggio verso l’Europa, si ferma a Okinawa. E’ un avvenimento eccezionale. In questa occasione G. Funakoshi è incaricato di dirigere una dimostrazione di karate fatta dagli scolari. Nel 1922, un anno dopo questo avvenimento, è organizzata a Kyoto un’Esposizione nazionale di educazione fisica, e G. Funakoshi vi è mandato per presentare il karate di Okinawa. Egli pensa di ritornare a Okinawa dopo queste dimostrazioni.
Ma J. Kano, fondatore del judo, che ricopre importanti funzioni al ministero dell’Educazione, lo invita a tenere una presentazione del karate nel suo dojo Kodokan, a Tokyo. Accettando la sua richiesta, G. Funakoshi aveva pensato di prolungare il suo soggiorno a Hondo di qualche giorno soltanto. Ma, in seguito agli incoraggiamenti ricevuti da J. Kano dopo questa dimostrazione, decide di restare a Tokyo per diffondervi 1′arte del suo paese. All’età di 53 anni, G. Funakoshi abbandona quindi le sue funzioni di insegnante e, lasciando moglie e figli a Okinawa, comincia a vivere da solo a Tokyo, per far conoscere il karate. Si ritrova senza lavoro, ma con la passione di far conoscere 1′arte della sua regione ai giapponesi, che consideravano questa un po’ come un’isola straniera. In quest’epoca, la popolazione di Okinawa aspira ad affermare la sua identità culturale e nazionale giapponese; Funakoshi non fa eccezione, e la sua passione per la diffusione del karate è una manifestazione di questa volontà collettiva. La dimostrazione al Kodokan ebbe luogo il 17 maggio 1922. Shinkin Gima, originario di Okinawa e studente all’università, che partecipava a questa dimostrazione, racconta: “Per la dimostrazione, il maestro Funakoshi ha fatto innanzi tutto una presentazione del karate di Okinawa e del percorso di ognuno di noi. Poi ha eseguito il kata Ku-shan-ku; in seguito io ho eseguito Xaifanchi. Dopo la dimostrazione dei kata, abbiamo mostrato un esercizio di combattimento convenzionale… Dopo la dimostrazione il maestro Kano ha detto: “Signor Funakoshi, penso che il karate sia un’arte marziale onorevole. Se pensa di diffonderla a Hondo, potrei darle un aiuto, qualunque esso sia. Mi dica cosa posso fare per lei”. Sono certo che è a seguito di queste parole di incoraggiamento che il maestro Funakoshi ha deciso di rinunciare a ritornare a Okinawa”. Non avendo alcuna risorsa, G. Funakoshi lavora come portinaio in un pensionato per studenti originari di Okinawa, chiamato Meisei-juku. E’ alloggiato in una camera di “tre tatami” (5 m²). Il suo lavoro principale è la pulizia quotidiana della casa e del giardino, la distribuzione della posta agli studenti e 1′accoglienza dei visitatori. Il suo lavoro corrisponde all’affitto; gli occorre dunque guadagnare di che nutrirsi, per questo ottiene il permesso di utilizzare la sala conferenze per insegnare il karate. All’inizio, ha solo pochissimi allievi: “Avevo talvolta l’impressione di lottare da solo, senza avversario”, racconta. Capita frequentemente che visitatori venuti per vedere il maestro di karate prendano Funakoshi per un vecchio impiegato incaricato delle faccende nella pensione. Tuttavia, in capo a due o tre anni, il numero di allievi comincia ad aumentare. Gruppi di studenti di molte università formano dei club di Karate. Il particolare modo di insegnamento e di trasmissione del karate in Giappone si costituirà a partire dai rapporti gerarchici tra gli studenti. Questi rapporti formano degli ingranaggi dinamici tra studenti ed ex-allievi della stessa università, non soltanto nel campo dello sport o delle arti marziali, ma anche nelle relazioni di lavoro all’interno di una stessa impresa o tra aziende diverse. Di fatto, la dinamica sociale, in Giappone, si basa spesso su questo tipo di relazioni gerarchiche. E le scuole di karate che hanno conosciuto una grande estensione si sono appoggiate su questi canali tipici del Giappone. E’ per questo che la diffusione del karate nelle diverse università è stata molto importante.
Scrive Funakoshi: “In quell’epoca, vivevo ogni giorno con l’impressione di vedere un chiarore che si ingrandiva poco a poco nella notte tenebrosa… non era più, quindi, una lotta senza avversario…, il mio petto si gonfiava spesso di gioia”.
I Venti precetti della Via del Karate
Nel 1935, G. Funakoshi scrive la sua opera più importante, intitolata Karate-do kyohan (Testo di insegnamento del karate-do). E’ senza dubbio il periodo più felice della sua vita. Già diverse università di Tokyo hanno aderito al suo insegnamento, il numero di allievi aumenta, ogni giorno egli va a insegnare in un’università diversa. La sua situazione materiale migliora. Il primo dojo di karate è costruito nel 1938 dai suoi allievi, che si sono tassati per molti anni a questo scopo e si appoggiano alla rete degli ex-allievi delle loro università. G. Funakoshi chiama questo dojo “Shotokan” (La casa nel fruscio della pineta).
G. Funakoshi scrive” I venti precetti della via del karate” quando il Giappone e già in guerra con la Cina dal 1937 eccoli qui elencati:
1. Non bisogna dimenticare che il karate comincia con il saluto, e termina con il saluto.
2. Nel karate, non si prende 1′iniziativa dell’attacco.
3. Il karate è un complemento della giustizia.
4. Conosci dapprima te stesso, poi conosci gli altri.
5. Nell’arte, lo spirito importa più della tecnica.
6. L’importante è mantenere il proprio spirito aperto verso l’esterno.
7. La disgrazia proviene dalla pigrizia.
8. Non pensare che si pratichi karate solamente nel dojo.
9. L’allenamento nel karate si prosegue lungo tutta la vita.
10. Vedi tutti i fenomeni attraverso il karate e troverai la sottigliezza.
11. Il karate è come 1′acqua calda, si raffredda quando si smette di scaldarla.
12. Non pensare a vincere, ma pensa a non perdere.
13. Cambia secondo il tuo avversario.
14. L’essenziale in combattimento è giocare sul falso e sul vero.
15. Considera gli arti dell’avversario come altrettante spade.
16. Quando un uomo varca la porta di una casa, si può trovare di fronte a un milione di nemici.
17. Mettiti in guardia come un principiante, in seguito potrai stare in modo naturale.
18. Bisogna eseguire correttamente i kata, essi sono differenti dal combattimento.
19. Non dimenticare la variazione della forza, la scioltezza del corpo e il ritmo nelle tecniche.
20. Pensa ed elabora sempre.
Funakoshi dopo la guerra Mondiale
Nel 1941, tre anni dopo la costruzione del dojo Shotokan, scoppia la guerra del Pacifico.
Nel 1945 il dojo Shotokan, sette anni dopo la sua costruzione, è annientato sotto i bombardamenti americani; Yoshitaka si ammala gravemente. La guerra termina, lasciando il Giappone in un disordine desolante. G. Funakoshi, a 77 anni, lascia Tokyo per raggiungere sua moglie che si era rifugiata a Oita (nel sud del Giappone). Essi si ritrovano dopo una lunga separazione e vivono insieme coltivando da soli della verdura e raccogliendo molluschi e alghe in riva al mare. La vita non è certo facile, ma finalmente sono insieme. Due anni più tardi, nel 1947, sua moglie si ammala improvvisamente e muore poco tempo dopo. Prima di morire gli domanda di coricarla in modo che prima la sua testa si trovi in direzione di Tokyo, poi nella direzione di Okinawa. Scrive G. Funakoshi: “Ha pregato l’Imperatore, e ha detto addio ai suoi figli che vivevano a Tokyo, poi ha salutato i suoi antenati che sono sepolti a Okinawa. Questa fu la fine di mia moglie, che aveva fatto di tutto perché io potessi proseguire nella via del karate”. Effettivamente, coricarsi con la testa nella direzione di qualcuno è un segno di rispetto, girare i piedi nella sua direzione è un’offesa. Possiamo vedere in questo atto d’addio della signora Funakoshi, la concretizzazione di un modello culturale di prima della guerra che, anche se non è più messo in pratica, resta in fondo alla coscienza dei Giapponesi contemporanei. In questo stesso 1947, Yoshitaka, il figlio al quale aveva affidato lo Shotokan, muore anch’egli. G. Funakoshi, ha l’impressione di aver perduto tutto con la guerra. Tuttavia gli studenti hanno ripreso l’allenamento all’università, malgrado l’atmosfera di depressione che investe tutto il Giappone dopo la disfatta, e gli allievi anziani sopravvissuti ai campi di battaglia cominciano a ritornare. G. Funakoshi, ha 80 anni, ritorna a Tokyo. I suoi allievi anziani usciti da università diverse cominciano a raggrupparsi per riformare la scuola Shotokan. Nel 1949 si costituisce la Japan Karate Association (J.K.A.) con alla testa Gichin Funakoshi, dell’età di 81 anni. Sembra, per un momento, che l’unita della scuola Shotokan sia stabilita. Ma, dagli inizi degli anni Cinquanta, le divergenze di opinione sui modi di praticare e di insegnare il karate, e anche sull’organizzazione della scuola, suscitano conflitti. Il numero dei praticanti continua tuttavia ad aumentare di anno in anno.
Gichin Funakoshi muore nel 1957, all’età di 89 anni.
SHORIN E SHOREI
Quando si parla di kata e della loro evoluzione dobbiamo necessariamente fare riferimento a Gichin Funakoshi, padre del karate così come oggi noi lo conosciamo.
Come cardine, nel suo libro “Ryukyu Karate Kenpo”, Funakoshi asserisce che il kata può essere di due aree: Shorin e Shorei.
“Shoto” ( così come veniva chiamato ) sosteneva che i kata dinamici e veloci sono di area Shorin, mentre quelli lenti e pesanti di area Shorei. Così, usando la sua logica, i Pinan ( o Heian ) sarebbero kata di area Shorin, mentre i Tekki di area Shorei. Egli ha associato l’area Shorin con lo stile Okinawense cosiddetto di Shuri, mentre ha associato lo Shorei con i metodi della città di Naha, ma vedremo poi come le cose non risultino essere così semplici con l’inserimento della città di Tomari.
Se si ascoltano oggi i vecchi istruttori di karate residenti in Giappone, non vi verranno indicati kata di uno stile o un’altro, ma vi sarà semplicemente detto di come un certo kata è Shorin, mentre altri sono da considerarsi Shorei. Solitamente, aggiungono che: ” il kata di Shorin deve essere effettuato rapidamente, mentre il kata di Shorei deve essere effettuato lentamente e con potenza” ed anche che: “La gente piccola dovrebbe fare Shorin, mentre la gente grassa dovrebbe fare Shorei”.
Con gli occhi di oggi sorridiamo di fronte a queste semplificazioni, ma all’occhio dell’antico tutto era chiaro: era il kata che andava scelto in base alla propria corporatura, mentre oggi si spinge l’allievo verso la morfologia del “karateka standard” ( mediamente alto e magro ).
La tabella che segue mostra le classificazioni dei kata della sua scuola elencati nel primo lavoro di Funakoshi sul karate, con la loro origine.
Nome del Kata | Shorin / Shorei | Okinawa: città di origine |
Heian (5) | Shorin | Shuri |
Tekki (3) | Shorei | Shuri |
Kanku Dai | Shorin | Shuri |
Bassai Dai | Shorin | Tomari |
Jion | Shorei | Tomari |
Enpi | Shorei | Tomari |
Hangetsu | Shorei | Shuri |
Gankaku | Shorin | Shuri |
Jitte | Shorin | Tomari |
La tabella qui sopra evidenzia come non vi sia in realtà una sequenza logica nelle classificazioni di Shorin e Shorei.
Classifica Jitte e Jion come kata di aree differenti, ma l’ apertura, le posizioni e la chiusura identificano come abbiano un’unica radice; chiunque si sia esercitato in tutti e due i kata si rende conto come siano tutte versioni differenti dello stesso kata: Jion e Jitte ( ma anche Jiin ) sono lo stesso kata effettuato in tre modi differenti……allora come possono provenire da aree differenti?
Enpi e Bassai ad esempio sono collegati dalla stessa e molto particolare posizione del “pugno nella mano” di apertura che ne determina una “firma” identica; sono solo stati diversificati nel tempo con la posizioni iniziale del gomito; ma in tabella risultano essere di aree diverse. La ragione è che probabilmente nella versione odierna ambedue derivano da una terza città, Tomari e che quindi rappresentino l’espressione più vicina tra kata di aree differenti, perché ricodificate da una terza mano neutrale.
Se prendiamo il Bassai però le cose si complicano ulteriormente; qui scopriamo come esista anche una versione di Tomari Bassai……ma allora perché riferire anche Bassai Dai a Tomari e non a Shuri? Che altre modifiche sono state apportate all’originale?
È abbastanza chiaro da questa tabella che Shoto ha progettato il suo stile come una miscela delle tre scuole principali di Okinawa riferite ad altrettante città, in cui Tomari fa da sintesi alle altre due.
Va segnalato però come lo Shotokan abbia perso parte del suo equilibrio progettuale proprio nel “comparto” kata, dal momento che nessuno dei suoi kata ha avuto origine nella città di Naha, per quanto si possa dire che Hangetsu abbia un parente nel sistema del Goju, chiamato Seishan.
In realtà Seishan nasce da un kata di Shuri. Hangetsu si differenzia non per essere una versione modificata dal Goju, ma piuttosto per essere una diversa interpretazione del modello “Shuri” che a sua volta deriva con tutta probabilità da uno stile di kung-fu della Cina del sud, i cui stili si differenziavano nettamente da quelli della Cina del nord……alla fine quanto indietro nel tempo si dovrebbe andare per determinare a che Area originale un kata appartiene?
I Kata
B U N K A I
Bunkai è la parola utilizzata per analizzare il movimento di un kata, la via per l’applicazione pratica
Si possono contare circa 150 kata tra quelli codificati con origine negli stili di karate di Okinawa e in quelli Giapponesi; la maggior parte comunque hanno avuto origine a Okinawa e solo ricorrendo alle leggende si può fare riferimento alla Cina.
A volte viene da chiedersi a cosa pensassero gli Okinawensi quando hanno dato i nomi ai loro kata; immaginare di lavorare ad un kata per un intero anno, gettarvisi dentro il cuore, l’anima e infine chiamarlo semplicemente ” 24 “.
In realtà era abitudine chiamare molti kata con il numero dei passi realizzava.
Per esempio: Seishan si traduce in 13; Niseishi = 24 Useishi = 54 Seipai = 18 Sanseiryu = 36, ecc.
Altra particolarità: più persone partecipavano alla realizzazione di un kata, più elegante questo si presentava; per il principio che piu’ teste sono meglio di una.
Domanda; perché tutti i kata sono antichi? Perchè non ve ne sono tra quelli famosi di moderni e nuovi dal momento che quasi chiunque può mettere insieme alcune tecniche di base usando il proprio talento creativo e dargli un nome? Effettivamente, chiunque può creare un kata, ma non tutti possono creare un kata popolare. Il Kata esiste soltanto finché la gente desidera esercitarvisi. Se nessun assimila il vostro kata, allora sarà difficile che questo sopravviverà a voi.
In realtà oggi è difficile che qualcuno crei ancora oggi kata; si sa di Hiroo Mochizuki ha inserito nuovi kata nel suo Yoseikan-Budo, ma i suoi happoken e ashakuken non riportano solo i tratti genetici tradizionali del karate.
Molte sono le ragioni quindi per cui non nascono più kata completamente nuovi da molti anni; il senso artistico si, ma anche il mistero dell’antico, dell’esotico, la sua origine bellica. Non per questo i vecchi kata non vengono oggi modificati, ma anzi si scopre come le moderne esigenze agonistiche richiedano sempre nuove applicazioni.
Settanta, ottanta anni fa, i giapponesi hanno lasciato il loro segno sulla natura dei kata; oggi tocca agli occidentali fare altrettanto, ma a piccoli passi, senza stravolgimenti, limando e lavorando di cesello….
Inoltre per modificare l’applicazione di un kata e del relativo Bunkai, non basta conoscere le tecniche di percussione tipiche del Karate, ma ci vogliono solide basi di Jujitsu, poiché tutti i vecchi maestri giapponesi per modificare i propri kata si avvalevano di queste loro conoscenze. Non per niente i kata del Wado-Ryu sono quelli in maggiore e continua evoluzione e il Maestro Piazzola ne e’ un esempio ( a volte anche contestato come tutti gli avanguardisti ) in seno alla Fijlkam.
Se non si affronta la creazione di un nuovo kata con questi principi, ne salterà fuori semplicemente un ballo, sul modello del “kata-musicale” inventato negli ultimi 15 anni dagli americani, ma si sa, a loro difetta la storia.
La leggenda dei KATA
Pinan (Heian)
Semba derivi dalla fusione di due forme cinesi denominate Channan di origine poco misteriosa. Il significato è “Pace dello spirito”. E’ abitudine credere che Matsumura, Bushi e maestro di Itotsu abbia tradotto i Channan nei primi tre pinan e tramandati allo stesso Itotsu. Successivamente il maestro Anko (Yasutsune) ltotsu ha trasformato poi gli altri due arrivando agli attuali cinque kata. I kata Pinan (o Heian) sono praticati universalmente.
Naihanchi (Tekki)
Alla base della scuola Shuri-te. Il nome originale era Naihanchi trasformato in Tekki da Funakoshi per usare una terminologia giapponese. La traduzione originale Okinawense è “combattere tenendo la postazione” mentre in lingua giapponese è “cavaliere di ferro”.
Il primo e secondo kata sono da attribuire a Matsumura, mentre il terzo (Sandan) al maestro Itotsu. La tradizione dice che questi kata siano composti dalle tecniche per combattere sulla diga di un campo di riso o con un muro alle spalle e con gli aggressori ai lati.
Passai (Bassai)
Il nome originale era Passai, trasformato poi in Bassai dal maestro Funakoshi in lingua giapponese. Il nome vuol significare “penetrare una fortezza” o “togliere un sasso dalla base”. La versione “sho” è stata ideata dal maestro Itotsu che apprese il Passai da Matsumura. Di dubbia origine la storia del kata, ma si tramanda che il Passai con altri kata fosse originario della Cina ed esportato alle Ryukyu nei primi anni dell’8OO. Tutt’oggi esistono 12 versioni del kata tradotte da altrettanti maestri. E’ uno dei kata più diffusi tra i vari stili.
Jion
il suo significato è “il suono del Tempio”, datogli in onore di un monaco cinese in visita a Okinawa. Questo kata insieme al Jiin è stato divulgato dal maestro Itotsu al quale si attribuisce la forma attuale realizzata verso il 1870 .
Jitte
Il suo significato è “dieci mani”. La sua storia è simile a quella del “Jion”, compresa la codifica del maestro Itotsu avvenuta attorno al 1870.
Seishan (Hangetsu)
Trattasi di un antichissimo kata di origine cinese ed il nome originale (Seishan) si traduce con “13″, mentre per i più romantici giapponesi è stato scelto il nome Hangetsu “Mezza luna”. La motivazione di questo nome deriva dal fatto che il kata per metà è conforme ai principi del karate di Naha e per metà di Shuri. Inoltre il modo di avanzare nella posizione classica richiama la forma della mezza luna. Esistono stili molto diversi di questo kata, infatti la forma della scuola di Naha-te è di stile cinese, mentre la versione Shuri-te si è evoluta in un proprio stile. La versione Shuri è attribuita a Matsumura. Si dice che Seishan sia il più antico kata dello Shuri-te.
Kushanku (Kanku-dai)
Viene considerato il kata più completo in assoluto e per una perfetta esecuzione servono molti anni di apprendimento. Il suo nome significa “osservare nel cielo….probabilmente il sole che sorge…”. La leggenda narra di un diplomatico cinese chiamato Kung Siang Chung che pare abbia portato questo kata dalla mitica città di Kushanku.
Chinto (Gankaku)
Il nome originale era Chinto e deriva dal nome di un marinaio cinese naufragato circa 200 anni fa e rimasto ad insegnare nelle isole Ryukyu. Questo si può tradurre come “combattere all’est” oppure “combattere in città”, trasformato poi nel giapponese Gankaku, “la gru sulla roccia” da Funakoshi. E’ un kata avanzato della scuola Shuri-te insieme al Kushanku e al Niseishi. Si pensa che sia stato tramandato dal Bushi Matsumura che prese come base le tecniche cinesi integrandole con quelle dello stile della gru.Il maestro Funakoshi nel suo “Karate-do Kyohan” menziona la storia di un cinese di nome Chinto detto il “cinese meridionale” che naufragò ad Okinawa….
Chinte
Si tratta di un kata unico tramandato dal maestro Itotsu che lo trasformò su tecniche di forme precedenti. Probabilmente lo apprese da Matsumura. Dal significato kanji in giapponese può essere letto come “calmare- placare” ma è presente un’altra eccezione dello stesso ideogramma che si tradurrebbe in “insolito-fantasioso” oppure “mano misteriosa”. Nonostante il kata originale sia stato conservato, sembra che la sua applicazione tradizionale sia stata perduta nel tempo.
Wankan
Il promotore di questo kata è anonimo, ma è certo che il Wankan è rimasto per molto tempo nello stile di Tomari-te. Il significato degli ideogrammi è “corona del re”. La forma praticata attualmente è abbreviata, essendosi perse le tracce complete del kata; in Italia vi è una versione completa messa a punto dal Maestro Balzarro.
Sun
Significa “terreno del tempio”. Una tecnica comune alla serie è l’utilizzo del “tallone della mano” (teisho) nonché della posizione iniziale di guardia, di stile tipicamente cinese. Tramandato da Itotsu che lo apprese da Matsumura.
Niseishi (Nijushiho)
Il termine originale corrisponde al numero “24”, nell’evoluzione giapponese significa “24 passi”. Si danno origini cinesi a questo kata utilizzato dalla scuola del Naha-te e che abbia avuto il suo sviluppo nello shorin ryu e la sua massima espressione oggi nel wado-ryu. Si pensa che il maestro Kamadeunchu Arakaki abbia importato il kata dalla Cina al termine di un suo viaggio in compagnia di Sochin e Unsu, ai primi del ’900.
Sochin
Kata classificato come appartenente alla scuola Naha-te il quale, come Unsu, è stato utilizzato anche nello Shuri-te per i suoi contenuti tecnici. Il duplice significato del kata è tradotto in “muovere in battaglia” oppure “conservare la pace” che anche se appaiono contraddittorie sono finalizzate allo stesso fine, ovvero muovere verso la battaglia per interromperla e ripristinare la pace. Altro significato, nella traduzione giapponese, che viene attribuito a questo ideogramma è “pesante-stabile”. Il kata Sochin è presente negli stili shotokan e shito. Lo shotokan nominava questo kata con il nome di Hakko. Nello shotokan è tipica l’esecuzione in fudo-dachi (posizione del non movimento-immobile) mentre la versione shito inizia in neko-ashi dachi. I primi insegnamenti del Sochin ad Okinawa risalgono dal maestro Arakaki.
Rohai (Meikyo)
Rohai significa “segno di un airone” caratteristica dalla posizione su di una sola gamba. Si pensa che la sua apparizione sia da attribuire ad un visitatore di Okinawa di ritorno dalla Cina rimanendo comunque certa la sua nascita in Cina. Attualmente vi sono diverse versioni di questo kata ma sono state tutte derivate dall forma originale di Tomari-te dove venne insegnato fino al 1871. In seguito questo kata insieme al Wanshu e al Wankan furono introdotti a Shuri e a Naha. Si dice che Naeda Pechin fosse uno specialista di questo kata e che il maestro Itotsu abbia sviluppato in seguito le varianti shodan, nidan e sandan del kata Rohai. Il kanji Meikyo significa “specchio luminoso” oppure “guardare lo specchio”
Unsu
Il significato del kanji che compone il nome del kata è “nuvola nelle mani”, traduzione che viene avallata anche da alcuni gesti tecnici del kata stesso. Si tratta di un kata proveniente dalla Cina e amalgamato allo stile della scuola di Naha-te. In seguito fu codificato anche a Shuri, nella forma che viene praticata tutt’oggi. Introdotto a Okinawa dal maestro Sakiyama è stato poi tramandato da Arakaki.
Useishi (Gojushiho)
Si tratta dell’ultimo kata dello Shuri-te ed il significato originale è “54” che è stato mantenuto in giapponese aggiungendo la parola “passi”. Il kata evidenzia le tecniche a mano aperta nei diversi movimenti e in particolare a “becco di gru” detta shi-tsuki. Una caratteristica unica di questa forma è il barcollamento laterale che assomiglia ai movimenti di un ubriaco, tanto è vero che spesso si fa riferimento a questo kata come all’omonima forma cinese detta “dell’ubriaco” anche se questo movimento si trova ormai soltanto nella versione di Tomari e indica una tecnica di atterramento. Si dice che il kata sia stato importato da Matsumura dalla Cina, inserendo elementi anche degli stili della Gru e della Tigre. Le prime notizie del kata si hanno intorno al 1600 nei testi Bubishi dove si fa riferimento a questi movimenti come a “i 54 passi della tigre nera e il pugno della gru bianca”. Si ritiene che il Gojushiho sia il più antico tra i kata esistenti di Okinawa.
Wanshu (Empi)
Il termine Wanshu deriva dal nome di un inviato militare cinese che, in visita a Okinawa, lo insegnò nel villaggio di Tomari intorno al 1683. Il kata fu praticato esclusivamente a Tomari sino al 1871 dopo la quale data iniziò ad essere praticato anche a Shuri e a Naha. Il maestro Kiyan apprese il kata da Maeda Pechin, specialista nell’eseguire questa forma. La trasformazione giapponese in Empi signiflca “Volo di rondine”.